Renzo Rosso

Davide Burchiellaro per Marie Claire (9/2008)  ©Hearst Marie Claire Italia 2008

Renzo Rosso passeggia preoccupato nel salottino della sua suite al Four Seasons di Milano in piena settimana della moda. Pensi agli scenari cupi della recessione, a qualcosa che è andato storto. Invece è un bip del suo BlackBerry a far esplodere il pensiero dominante: «Noooooooo, il Bassano ha preso un goal!».

Fortuna che la giornata di domenica 21 settembre ha già riservato al fondatore di Diesel altre importanti soddisfazioni. La prima, il lancio della Fiat 500 Diesel, versione customizzata dell’utilitaria pensata qualche anno fa insieme a Lapo Elkann dopo un’esaltante serata allo stadio. «Un’auto cattiva, trasgressiva, non un semplice marchio appiccicato a una macchina tanto per far marketing ma un oggetto del desiderio studiato da due team che hanno lavorato insieme», dice Mister Rosso.

E che si sono incontrati e scontrati, par di capire dai sorrisetti dell’amministratore delegato Fiat AutoLorenzo Sistino: «Purtroppo non tutte le idee di Renzo si sono potute realizzare. Già così abbiamo dovuto scombussolare la catena di produzione, ma il risultato è un’auto più da “dreamers” che da “drivers”». “Già così” significa: vernice verde-Diesel («Come quella del mio aereo», sogghigna orgoglioso Rosso), cerchi in lega 16 pollici con il marchio del moicano che splende al centro, pinze dei freni giallo-veleno, modanature laterali “for successful life” e interni in pelle e simil denim (il tessuto usato per i jeans prende fuoco troppo facilmente, che peccato…).
Poi acciaio griffato sul cambio e varie predisposizioni per una connessione a internet in movimento. Un bel gadget per dare il via ufficiale ai festeggiamenti del trentesimo compleanno di Diesel. Una “massive celebration” lunga 17 città e 8 fusi orari da consumare in diretta tv-internet l’11 ottobre 2008. Si parte da Tokyo e si arriva a New York. Nel mezzo, un fiume di champagne e musica che toccherà Beijing, Dubai, Atene, Amsterdam, Milano, Zurigo, Monaco, Parigi, Stoccolma, Copenhagen, Barcellona, Oslo, Helsinki, Londra e San Paolo. Tra i performer: i NERD, M.I.A. Chaka Khan, Mark Ronson, Steve Aoki e parecchi altri.

La delusione del Bassano, è chiaro, passerà presto.

Ha detto che la 500 Diesel è “trasgressiva”. Non è un aggettivo pericoloso in questi tempi di patente a punti e test del palloncino?
La trasgressione si riferisce allo spirito Diesel che esprime grinta, innovazione, freschezza. Applicare il concetto di trasgressione all’auto, è vero, è complesso. Anche se io una bella idea ce l’avevo.

Confessi, c’entrava con il sesso…
Nella prima 500, anch’io, come tutti gli italiani ho fatto sesso un sacco di volte. L’idea era creare un salottino tipo limousine sul retro, un divanetto accogliente e sexy con tanto di cuscini.

E chi ha bocciato l’idea?
Quelli dell’ufficio sicurezza Fiat sono saltati sulle sedie. Ma oltre ai parametri di legge, anche i costi erano eccessivi.

Questa 500 è abbastanza sexy?

*PAG*
Sexyssima, in pieno stile di vita Diesel. Pur essendo piccola, le sue caratteristiche principali sono sexyness e grinta.

Diesel e Fiat… sembra proprio una coppia impossibile, non sono culture aziendali troppo diverse?
Non è stato facile… la Fiat ha tempi molto lenti. Però il risultato è eccellente, i miei interlocutori sono stati intelligenti. E andremo avanti, magari portando un po’ di tecnologia virtuale nella cultura dell’auto. Vorrei una 500 con social network incorporato, una specie di Myspace per automobilisti, una community.

Quanto contano Internet e l’hi-tech nella Diesel way of life?
Tanto. Da sempre. Anche da prima che esistesse. La tecnologia è un grande plus dell’azienda… In fondo Diesel è stata la prima azienda a installare un fax, con gli impiegati della Sip che smadonnavano quando chiedevamo assistenza. Oggi che siamo nel mezzo della rivoluzione, c’è un aspetto sociale che rompe tabù e taglia la distanza. Oggi se non vedi una persona per molto tempo non te ne accorgi nemmeno, il contatto sempre possibile annulla ogni lontananza.

Qual è stato il ruolo di Lapo Elkann in questa operazione?
Fondamentale. È farina del suo sacco. L’idea della 500 Diesel è nata quando ancora doveva uscire il modello base della nuova 500. All’inizio abbiamo lavorato su una Panda, ne uscì un gioiellino, una piccola suv divertentissima. Ma Panda non era un’auto icona e quindi non abbiamo mai voluto commercializzarla.

Su quali altri marchi non-moda vorrebbe lavorare oltre l’automobile?
C’è di tutto, oltre all’arredo penso all’hi-tech e a molti altri ambiti. Ma non voglio soltanto mettere un marchio su prodotti qualsiasi. Se per esempio dovessi fare un telefonino vorrei che a metterci le mani fosse il mio staff Diesel, sia nella tecnologia che nei contenuti. Inutile mungere il brand e rischiare di dequalificarlo.

Ma nel mondo dei trasporti? Si parte dall’auto e magari si arriva a una compagnia aerea, stile Virgin…

*PAG*
Mah… Ho già avuto per le mani Alpi Eagles. Un bel lancio, una bella operazione di marketing. Ma mi sono ritirato subito, era sbagliata la società. Troppi soci che volevano comandare anche se non avevano la maggioranza come me. Per ora mi diverto a customizzare il mio Learjet e gli elicotteri. Con molta ironia.

Però lei ragiona in grande, ha pensato ad Alitalia nei mesi scorsi?
Sì mi hanno contattato, mi hanno fatto una corte spietata perché rappresento la freschezza del mondo imprenditoriale. Ci sono stato per un po’, poi ho mollato perché non credo a questa operazione. Chi me lo faceva fare di entrare in una compagnia così piena di debiti, di problemi, di sistemi arcaici. Bisognerebbe farne un’azienda moderna, non si può ragionare con la solita mentalità statale e la solita vecchia cultura di gestione. È giusto che fallisca.

Che cosa vuol dire che la 500 è “smart&dark”?
Che abbiamo incattivito questa piccoletta, l’abbiamo punkizzata, resa più noir.

Chi è l’ideale conducente della 500 Diesel?
Diesel propone uno stile di vita, quindi non si cura del target anagrafico. Al volante ci vedo gente di personalità, da James Dean a Jovanotti, da Brad Pitt a Madonna. Qualsiasi personaggio purché carismatico.

Come si sposa questo modello di lifestyle con i timori per l’economia, l’isteria dei mercati e la new austerity?
Questa filosofia ti dà una mano. Essere brand importante dà maggiore autorità sul mercato, più status. Ma è chiaro che devi stare più attento, devi pensare bene a quello che fai, assicurarti che ci sia davvero un valore aggiunto di innovazione, qualità e freschezza nelle cose che proponi.

Per esempio?
Per esempio nella nostra linea tessile, proporre una cosa nuova come “la camera da letto da rockstar” ha richiesto una attenzione all’innovazione. Per fare lenzuola e kit di asciugamani con le borchie devi crederci davvero e allora ti esce un prodotto veramente bello che aiuta il brand anche in momenti come questi.

Insomma, una specie di “meritocrazia” dei consumi. Il messaggio sarebbe che il prezzo è alto perché il prodotto è di alta qualità. E per averlo devi meritartelo. È così?
Meritare non è il termine giusto. Quello che tentiamo di fare anche durante questa crisi è stimolare il desiderio e il sogno su un certo prodotto. Ovvero portare avanti l’idea che invece di avere 10 pezzi qualunque è meglio averne uno nostro. Perché ci abbiamo aggiunto quel valore che lo rende desiderabile. So benissimo che ci sono ragazzi che risparmiano mesi per comprarsi un paio di jeans. Bene, a me questo fa piacere.

A molti genitori non fa per niente piacere.
Vuole che non lo sappia? Quando porto a scuola i miei figli sa quante me ne dicono? Però loro, i ragazzini, mi amano. Perché hanno capito che non è solo un marchio, dietro c’è un mondo, uno stile. Sanno che non li prendo in giro, che sono sempre stato leale con loro anche nel modo di comunicare, di fare pubblicità. Credo capiscano che comunque per me i soldi vengono molto dopo la filosofia dei miei prodotti.

Trentesimo compleanno, grande party mondiale. L’11 ottobre saranno 17 le città coinvolte. Quali sono le sue capitali del cuore?

*PAG*
Milano, perché siamo noi; New York, perché è il mio sogno di ragazzino e la festa più grande la faremo là; Tokyo, perché rappresenta il mercato dove Diesel sta crescendo di più oggi; Londra, la città più ri-fiorente d’Europa in questo momento.

Trent’anni sono l’epoca della maturità?
Sono stati trent’anni da pioniere, dunque sofferti. Dall’ottobre 1978 non c’è stata conquista che si possa definire facile e senza errori da rimediare in tempo reale. Però in un trentennioi abbiamo cambiato il concetto di jeans nel mondo. Con noi il denim è diventato un capo fondamentale nei guardaroba.

Che mercato è quello del denim?
Un mercato divertente. Fluttuante, quindi divertente proprio per quello. Essendo così forti sul jeans, quando il denim è in crisi io mi diverto da morire. Le crisi spazzano via tutti quelli che hanno provato a mettersi sulla nostra strada. E quelli che cadono ci regalano ogni volta quote di mercato. C’è stato un momento in cui anche chi produceva olio d’oliva si cimentava con il jeans.

Tre ricordi fondamentali di questi trent’anni, tra musica, cinema, vittorie personali.
Top Gun, 1985… Quella colonna sonora mi riporta alla prima collezione di giubbotti da aviatore. Un’emozione enorme. Poi il 1996, l’apertura del primo store di New York, esaltante. Millequattrocento metri quadri, il primo negozio della mia vita. Facemmo un casting in un cinema per selezionare il personale. 500 persone su un palco, ognuno aveva due minuti per raccontare la propria storia. Una follia. Ne assunsi 52, tra le lacrime di contentezza di chi veniva scelto. Infine, il grande salto, nel 2002, con Martin Margiela e il pret à porter.

Quando Diesel compirà 40 anni il centro del mondo sarà ancora New York?
No, saranno Dubai e Shanghai, le capitali dell’area che comanderà il mondo.

Dobbiamo averne paura?
Il capitalismo non deve mai far paura. L’estremismo sì deve far paura. Ma il capitalismo lo può vincere, ce lo insegna la storia recente.

Rosso, le succede mai di pensare, davanti a una tendenza emergente, “Accidenti, questa mi era sfuggita”?
Spessissimo. Un brand così importante lavora con tempi troppo lunghi e allora è chiaro che puoi perderti qualcosa. Ma il bello è che quando diventi così forte ti devi attrezzare per creare tu, da solo, le tue tendenze.

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