Monica Bellucci

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Davide Burchiellaro per Marie Claire (5/2014)  ©Hearst Marie Claire Italia 2014

Monica Bellucci: dal film di Kusturica all’ipnosi, fino a un appello al governo per le donne e i loro diritti. Intanto la moda le fa da antiage

Inossidabile Monica Bellucci Se a 45 anni non hai ancora ucciso l’adolescente che è in te, l’idea di incontrare Monica Bellucci può procurare picchi di adrenalinica regressione. Non facilita le cose lo staff che cura l’immagine da diva mediterranea per i rossetti di Dolce & Gabbana che ti porta all’appuntamento con i riti solitamente riservati ai giornalisti di Hollywood o ai vaticanisti. La prima anticamera a casa Dolce & Gabbana è basica: un ufficio ordinario con tanti tramezzini buonissimi. La seconda sembra il set di Four Rooms di Tarantino, un salone nello stile della maison con tanta gente iPhonizzata e champagnizzata (e con tanti tramezzini buonissimi). Ci vuole pazienza, finiranno gli snack e arriverà Lei. Infatti, in questo fluire di sliding doors si giunge al salottino privé e finalmente si apre un’altra porta ed esce Monica, con tutta la sua capacità di generare metafisico incanto in un uomo che nel 1988 aveva 18 anni. Allora era una modella alta e supersexy, adesso è una bellissima donna (il 30 settembre compie 50 anni) ed è ancora supersexy, nella mise nera e pizzosa, più stabile che mai sull’abbinata zeppa/tacco 12. Ma qualcosa o cambiato.
«Vuoi che ti racconti i miei primi 50 anni? Ma o come andare dallo psicologo», esordisce Monica Bellucci. «In ogni caso la sintesi è che è sempre meglio adesso di quando avevo 20 anni». Si dice così, si deve dire così. Più difficile è argomentare la faccenda, e se citi Friedrich Nietszche poi te ne devi assumere la responsabilità: «Diceva che che tutto ciò che non ti uccide ti rende pio forte, e a questa età hai alle spalle tutte le battaglie personali e professionali. Vuol dire che ti hanno fatto bene, se sei ancora in piedi». Si tratta, dice, «di superare la beauté du diable» (ah! la potenza del francese…), quella forza/passione/fuoco che hai a 20 anni, «poi finalmente la tua faccia rivela che cosa sei diventata». E allora, o ti chiudi in casa come in un romanzo di Bontempelli, o attraversi il “Ponte” e diventi una persona migliore: «Io l’ho attraversato diventando madre di Deva e di Leonie (rispettivamente di 9 e 4 anni) e sono una persona migliore. Succede che all’improvviso questa cosa enorme che ti capita fa di te la donna generosa che non sei mai stata, che si dà come non si o data a nessuno. Una parte di te che non conoscevi prende il sopravvento».
Tanto per chiarire, per darsi si o data, eh. A Vincent Cassel Monica Bellucci ha dato 14 anni, ne parliamo? «Nelle relazioni con gli uomini si impara a confrontarsi e a conoscersi. Puoi misurare quanto sei capace di dare o di prendere, di sopportare e di essere sopportata, di comprendere ed essere compresa. Nulla è più interessante dell’essere “umani” per crescere e capire chi si è veramente, ma per arrivare a dimenticarmi di me stessa c’è voluta la mia prima figlia». Eppure è pieno di gente che si riproduce solo per narcisismo, no? «Non diventi donna solo perché fai un figlio. Ma io so che sarei stata una persona diversa se non lo avessi fatto. E non è che sia una passeggiata… io poi sono figlia unica e con il mio lavoro sono sempre stata al centro dell’attenzione. Immagina lo stupore quando ho scoperto di aver spento i riflettori su di me». Sì ma Vincent…? «Sì e poi con i figli…», vabbé, non ha sentito, «… con i figli impari la compassione. Nella vita si fanno un sacco di cazzate e a volte ti vedi piccola e non ti piaci. Però, più conosci e accetti le tue debolezze più cominci a perdonare quelle degli altri. Sparisce quell’arroganza da ventenne che sa tutto ed è choosy. Capire che anche in te non tutto è perfezione fa molto bene».
Maddai, la bellezza, l’espressione, le labbra di Monica Bellucci sono ancora perfette, non scherziamo. Sennò, per quanto affezionati, Domenico e Stefano mica l’avrebbero scelta per una campagna beauty. O no? «Secondo me la perfezione è noiosa, e io non vorrei essere noiosa. E poi guarda che il punto non è come ti vedono gli altri ma come ti vedi tu». Oddio! Ci stiamo incastrando in una discettazione sulla bellezza e il noumeno kantiano che sfocerà sicuramente nel relativismo, Einstein e l’arte del Novecento. Nooo. «Ci sono ragazze stupende che vedono soltanto i difetti che non hanno. E fanno di tutto per autodistruggersi. Ce ne sono invece altre con qualche difetto ma che sviluppano una tale forza ed energia interiore che nessuno vede più le imperfezioni. Tu ti accetti e gli altri magicamente ti accettano. Insomma lo sappiamo, dipende dal rapporto coi genitori, con mamma e papà, dobbiamo sempre guarire dall’infanzia, sono cose dell’inconscio». Ecco, lo sapevo, quando meno te lo aspetti arriva Freud. «No, non sono mai stata dallo psicologo. No, guarda, io penso tanto, anzi tantissimo». Ottimo! Allora parliamo di sesso. «È una faccenda complicata. A 14 anni ero una donna fatta. In tutto. Un anno dopo ero già pronta a fare una vita da adulta. E i miei me l’hanno fatta fare. Mi hanno lasciata libera. Non per disinteresse, ma perché capivano che mi avrebbero controllato meglio così. A 16 anni uscivo la sera da sola e andavo in vacanza con il fidanzatino di allora. A 17 andavo a scuola direttamente dalla casa del mio ragazzo. A 19 ho lasciato l’Italia, quindi ciao…». Ciao cosa? «Ciao nel senso che a 20 anni ne avevo già alle spalle 5 vissuti con una libertà sessuale da adulta, con l’indipendenza e il vissuto di una di 40 anni, ero già stanca, insomma». Ma più stanca o più delusa? «Delusa no, ho vissuto tutto liberamente, è stata un’età meravigliosa, la scoperta del sesso, dell’eccitazione, era tutto nuovo. Poi l’esperienza si è spostata sul lavoro, sui viaggi, sugli incontri».
E sull’amore vero, magari. «Io ho sempre amato veramente. Sono una che sta nell’innamoramento. Tutto ciò che faccio deve passare per il sentimento, la storia con un uomo, il lavoro. Ci metto sempre l’amore. Tant’è che anch’io, come molti attori, penso che il vero lavoro non sia il film ma la promozione del film. Come si fa, senza questo a vivere esperienze professionali con talenti come Richard Avedon, Domenico e Stefano, Giuseppe Tornatore e Emir Kusturica?». Eh, però la sventurata una volta se ne è lasciata sfuggire una bella grossa: «Se fossi stata omosessuale avrei avuto una vita più semplice». E come ne usciamo da ‘sta storia? «Ma io non so mica se è così, eh. Non essendo gay non posso saperlo. Probabilmente ho detto proprio una gran cavolata, spinta dall’aver vissuto la complicazione dei rapporti etero. In effetti i rapporti di coppia, di qualsiasi tipo, sono sempre complicati». Pur non essendo passata dalla gogna dell’analisi, l’attrice Monica Bellucci a un certo punto si è chiesta perché finiva sempre a recitare in «ruoli torbidi con registi che hanno degli universi un po’ torbidi, in scene violente o comunque piene di dolore». Film come La Passione di Cristo, Malena, Irreversible, Dobermann ecc. Ha pensato che ci fosse qualcosa dietro e ora ha scoperto che in effetti c’è. È la sua parte oscura, dice. Ha fatto una sola seduta di ipnosi: «Quello che è uscito non posso certo dirlo a te, ma posso dire che ne voglio fare presto un’altra perché è un’esperienza pazzesca». A un passo dallo scoop del 2014 (definireste diversamente una lista di sogni e flashback della signora Bellucci?), torniamo mestamente alla parte oscura: «é quella che mi permette di fare il lavoro che faccio e di esorcizzare tanti miei fantasmi. Del resto, se un pittore ha la tela, lo scrittore la penna e il pianista il pianoforte, un attore ha un unico strumento di lavoro, la propria persona, il fisico e lo stato mentale, la ricerca su di sé. Che poi questo vuol dire anche scavare nelle emozioni e nelle relazioni uomo-donna, nei propri rapporti complicati».
Potrebbe fare degli esempi? «Forse fra 10 anni, quando magari ci capirà qualcosa di più». Tra i chiaroscuri, Monica Bellucci ha una certezza, si sente di nuovo appassionata e desiderosa di stare sul set, dopo un decennio di lavoro soddisfacente ma «sempre con un piede sul set e uno nel ruolo di mamma». E poi si è convinta che ha qualcosa di speciale, perché continuano a chiamarla «nonostante siano state scritte pagine e pagine per dire che non so recitare». Così, dopo aver girato Le meraviglie di Alice Rohrwacher, a maggio vola nei Balcani. L’aspetta Emir Kusturica, per girare la seconda parte di un film ancora una volta torbido e violento, On the milky road. «È una storia d’amore in tempi di guerra, anche se è una guerra un po’ concettuale. Potrebbe essere qualsiasi conflitto. Lui o regista e protagonista maschile, io sono quella femminile. Ma questa volta non ho una parte da vittima o da donna addolorata, passiva, stuprata. Sarà una donna dalla personalità forte e potente, in un rapporto molto particolare con un uomo. Avrò una femminilità intensa ma diversa dal solito, il film è pieno di poesia». Monica reloaded si allontanerà dalle sue ragazze per un po’, dunque, lasciando quei riti da cuore di mamma, come preparare la colazione, portarle a scuola e andare a prenderle alle quattro e mezza o bere il tè da qualche parte per farsi raccontare i sogni che le hanno turbate nella notte.
«Fare figli tardi significa provare forte il desiderio di passare moltissimo tempo con loro, non volersi perdere un istante della loro crescita. Anche perché se guardo alla mia vita e vedo mia figlia grande, mi ritrovo. E presto, anche lei, come me, non sarà più controllabile. Così mi consolo rubandole più tempo possibile. Il tempo è la risorsa più importante per le donne. Vorrei che se ne occupassero i governi. Il mio appello è: dateci più tempo! Oggi dobbiamo vivere come gli uomini e siamo costrette a sentirci in colpa anche quando siamo in gravidanza». Messaggio per Matteo Renzi registrato. Nessun messaggio invece per l’ex marito Vincent che non fa altro che dichiarare ai giornali quanto sia fantastica Monica Bellucci, quanto si vogliano bene. Visto che a maggio ricorrono i 40 anni del referendum sul divorzio, nel gioco delle sliding doors può essere curioso sapere come sarebbero andate le cose per la coppia se avessero vinto gli abolizionisti. «Beh, meno male che hanno perso», dice sollevata e ridanciana, «senza queste conquiste femminili chissà dove saremmo. Le italiane adesso sono pio forti, anche se gli uomini faticano molto ad abituarsi». Risposta esatta. È giunta l’ora di umiliarsi. Lo devo al me stesso del 1988: «Monica, ci facciamo un selfie»?
Davide Burchiellaro