Il fascino del design anni Cinquanta

Davide Burchiellaro per Panorama (18/02/1999)  ©Mondadori


Il giovane ingegnere, diventato ricco grazie a Internet, prenota una
nuova T-Bird giallo pastello rielaborata dalla Ford sul vecchio
modello degli anni 50. A bordo della quale sogna di sfrecciare sul
lungomare di Forte dei Marmi. Il trentenne architetto italiano di
stanza a New York pianifica il viaggio di nozze a Sorrento nelle
suite del Parco dei Principi con un unico scopo: “Rivivere le
atmosfere degli anni 50”. Luciana, trentaseienne single, libraia e
patita di Jack Kerouac, da qualche mese ha installato in cucina un
ventilatore sul modello del Westinghouse del ‘ 50 e un frigorifero
Bosch della nuova Classic Edition, simile a quello che avevano i
genitori. E mentre Loretta e Mario, matura coppia di pubblicitari,
sognano un coast to coast a bordo della nuova Chevrolet Nomad uguale
a quella del 1955 (ma oggi munita di bussola elettronica satellitare
Gps), il loro figlio Stefano, 18 anni, si è appena comprato un sax
per emulare le incursioni negli anni 50 dell’ amata band: i
Montefiori Cocktail. Immagini e sogni del popolo di fine millennio,
di una società in preda alle paure e in piena fase di “cocooning”,
rito del guscio inaugurato dagli architetti new age per trasformare
la casa in un rifugio stipato di oggetti di memoria dall’ effetto
antinevrosi. E l’ imperativo diventa allora il tuffo indietro di
quattro decenni. Trend colto al volo dalla produzione industriale
che, spinta un po’ dalla crisi ideativa, un po’  dalla crescente
mania del modernariato, ha cominciato ad attingere alle atmosfere
voluttuose alla Happy Days, quando il mondo era animato da linee
tonde, da involucri di bachelite, da lamiere rosa shocking e da
serate intorno al juke-box. Una vera e propria vendetta dell’ anima
su una tecnologia troppo invadente, secondo il futurologo-guru John
Naisbitt. Che al vertice economico di Davos ha anticipato i contenuti
del suo libro High tech-high touch, scritto con la figlia Nana: “Di
fronte a una società che risolve i suoi problemi con gli psicofarmaci
o con Internet, le persone cercano una dimensione umana. Per questo,
dal pc alle macchine , l’ hi-tech si veste rétro, per dare nuovamente
senso alle cose”. E proprio l’ industria dell’ auto è l’ ultima
frontiera di questo recupero: pochi giorni fa al Salone di Detroit,
vetrina del mercato più ricco degli Usa, le case più importanti hanno
sorpreso con modelli anni 50. Accanto alla mitica Thunderbird
rielaborata dalla Ford sono apparse la Mercedes Vision Slr, simile a
una bat mobile, la Chrysler Citadel, con linee bombate e motore
elettrico d’ avanguardia, e un pick-up Dodge che pare uscito da
Gioventù bruciata. “Le aziende fanno fusioni, il mercato si
globalizza, le case d’ auto rispolverano le loro identità, per questo
si rieditano i vecchi modelli. Per dire ai clienti “fidatevi di noi,
esistiamo da 50 anni”” sostiene Luciano D’ Ambrosio, designer
director del Centro stile Bertone. Gli fa eco Filippo Sapino, del
Centro Ghia: “Più che automobili sono icone di massa. Trasmettono
emozioni, perché negli anni 50 si disegnava con entusiasmo”. Sarebbe
stato invece il sovradosaggio di formalismo anni 80 a far tornare ai
mitici Fifties l’ industria dell’ arredamento e dell’
elettrodomestico. “I mobili di quel periodo puntavano sulla pulizia
della linea e sul buon dettaglio” spiega l’ architetto
italonewyorkese Enrico Bonetti, creatore di dorati loft di Manhattan,
“oggi si guarda agli anni 50, all’ assenza di decorazioni, prendendo
a esempio Giò Ponti”. Ed ecco fiorire salotti come quelli di David
Salle, giovane guru dell’ avanguardia pittorica Usa: divani imbottiti
di Florence Knoll, poltrone firmate dal re del furniture design,
Charles Eames, sedie come l’ Antelope dell’ inglese Ernest Race.
Tutti pezzi rimessi in produzione dalle aziende come Knoll e Vitra.
Anche le opere dei grandi designer italici come Giò Ponti, Marco
Zanuso e Vico Magistretti sono nuovamente in produzione da Cassina,
Interflex e Artemide, Artflex e Kartell. Addirittura ipertrofica la
gamma di elettrodomestici da cucina anni 50 rimessi in commercio. Il
frigo innanzitutto, come il Rex rispolverato in varie versioni dai
designer della Zanussi di Pordenone. L’ operazione coinvolge anche
tante altre aziende, da Miele e Bosch, da Alessi a Guzzini. I cui
stilisti sono tutti impegnati a rivisitare tostapane, bollitori,
caffettiere e frullatori. La pirotecnica ventata anni 50 non ha
risparmiato un terreno fertile come quello della moda. E dopo le
citazioni Karl Lagerfeld e Marc Jacobs è arrivato l’ exploit di
Jean-Paul Gaultier che, sotto i riflettori dell’ alta moda parigina,
ha riprodotto una sfilata anni 50 con tanto di modelle che
ancheggiavano sciantose. “Sono gli anni che preferisco” ha detto l’
ex enfant terrible “quelli delle linee tonde e avvolgenti”. Tra le
collezioni che si rifanno ai Fifties esordisce anche l’ accessorio.
Ci ha pensato la Swatch, che tra i modelli del ‘ 99 ha presentato un
orologio ispirato al frigorifero del boom yankee, il Kelvinator.
“Nella grafica di quegli anni c’ è un dinamismo senza eguali” spiega
Carlo Giordanetti, creativo della casa svizzera. Fonte d’ ispirazione
per le maison di moda come per le industrie del casual è sempre di
più il popolo del vintage, quello che assalta le bancarelle di
Chelsea a New York, o i car boot sales di Londra, alla ricerca dei
vecchi modelli Balenciaga, o di vecchie cravatte sintetiche. La mania
ha spinto il negozio Siegel’ s di San Francisco a riprodurre i vecchi
abiti zoot suit. Risultato, da ottobre hanno venduto oltre 4 mila
completi e più di 3.500 paia di scarpe bicolori spectator, da vero
“swinger”. Swing è infatti la parola chiave per passare dal mondo
dell’ oggetto, raffinato o popolare, allo stile di vita di chi si
rifà al mondo degli anni 50. Una filosofia forte tra i giovani della
cosiddetta Cocktail generation (vedere il riquadro a pagina 157).
Oltre 200 le orchestre che suonano in giro per gli Usa riproponendo i
ritmi sincopati di Cab Calloway, Louis Prima e Roy Brown. Tra le più
amate dai ragazzi la band di Brian Setzer, i Cherry Pooppin’ Daddies
e gli Squirrel Nut Zippers. Molto spesso pompati da Mtv, questi
gruppi hanno come paladino Micheal Moss, editore di Swing Time
Magazine, che assicura: “Il vecchio swing è l’ unica musica che
abbatte le barriere tra i generi ballabili”. Con rapidità la musica
del boom ha attraversato l’ oceano ed è approdata in Italia. Dove i
discografici della Irma Records producono con successo il sound
nostalgico dei Montefiori Cocktail, gruppo che spopola da Riccione al
Supper club di Manhattan. Per non parlare delle colonne sonore dei
cartoon rivisitate da Sam Paglia o del mambo italiano cantato in
coppia da Flabby e dall’ italica Carla Boni. Perfino un duro deejay
della techno come Claudio Coccoluto è rimasto folgorato dalle
sonorità. “Stiamo riscoprendo gli artisti italiani degli anni 50,
sulle piste torna quell’ atmosfera semplice e ingenua di cui c’ era
un gran bisogno dopo il pieno di trasgressione”.  BOX Intervista QUEL
DECENNIO TERAPEUTICO Gli anni 50 visti da un grande designer italiano
Alessandro Mendini, autorità tra i designer italiani, ha dedicato
parte del suo lavoro alla produzione industriale per conto di molte
aziende che hanno riscoperto le linee rétro. Perché alla fine del
secolo si torna indietro? Siamo come i personaggi dei cartoon che
dopo aver corso tanto si schiantano contro un muro lasciando  la loro
sagoma affacciata sul buio pesto. Si rivisitano i decenni passati ma
tutti questi ripescaggi portano solo sovrapposizioni e azzeramenti.
Nell’ impossibilità di capire come sarà il futuro. Che cosa spinge a
recuperare proprio gli anni 50? Quello è un decennio caratterizzato
da una grande carica di ottimismo, dove il design ha espresso
emotività, semplicità, un senso del basic nel colore. Tutto
proiettato verso l’ idea di benessere possibile. Questo si tenta
oggi: far sì che gli oggetti comunichino tranquillità in un mondo
caotico drammatico. Perché sono i giovani a riscoprire quegli anni?
Perché sono i più esposti all’ incertezza, cercano un dialogo con gli
oggetti. CI TROVIAMO AL LOUNGE Brillantina, bon ton e swing per la
Cocktail generation Il culto del sigaro, il piacere della
degustazione dei vini, la riscoperta della lounge music, del ballo,
del bowling. Così, riscoprendo riti e miti dei loro nonni, i
25-35enni affrontano il Duemila. Riviste e tv Usa li hanno già
battezzati Cocktail generation, dal nome della musica che ascoltano,
la cocktail, sound che mescola lo swing, il jazz, con suoni più
moderni (a fianco la copertina di una compilation). A New York
affollano le serate al Greatest Bar sulle Twin Towers, a Londra li
trovate in coda da Fabs Fudge Cake, per comprare le torte viste in
Happy Days, o da Teddy Babes dove acquistano abiti alla Marlon Brando
e Doris Day. In Italia, molte discoteche a target trentenne
inaugurano serate lounge con tanto di scuola di ballo, mentre i
“cocktail” nostrani si iscrivono in massa ai corsi da sommelier e
affollano i Cigar bar appena aperti a Milano e Roma. I più fanatici
emulano il look della band Montefiori, che ogni sera sfoggia giacche
fatte fare in sartoria con le tappezzerie dei divani anni 50. LA
DIVISA DEL PERFETTO SWINGER Tutti gli style symbol per i cultori dei
mitici Fifties Per lei Abiti. Stretti in vita stile Colazione da
Tiffany con gonna a corolla. Meglio se modelli vintage firmati
Christian Dior, Ives Saint Laurent, Schiapparelli e Balenciaga.
Camicie. Abbottonate con colli dalle punte rotonde. Scarpe. Basse per
il ballo o sandali neri con leggera zeppa e alluce in vista.
Accessori. Borse minimal, occhiali colorati con brillantini
incastonati. Guanti di raso. Per lui Abiti. Oversize, detti zoot
suit, pantaloni alla Clark Gable, doppio petto con spalle spaziose
stile sicario. Sono graditi i colori sgargianti. Camicie. Cucite su
misura. Cappello. E’ un Borsalino, a falde larghe, meglio se marrone.
Cravatta. Sì, ma solo sintetica: nel dopoguerra non si trovava la
seta. Scarpe. Cuoio, bicolori per il ballo swing. Accessori.
Portasigari in pelle, occhiali modello Clark Kent con montatura in
celluloide nera.
DAVIDE BURCHIELLARO hanno collaborato Stefania Bochicchio, Diamante
D’ Alessio, Barbara Mosconi.